Tracciabilità, coordinamento verticale e governance delle filiere agro-alimentari

Tracciabilità, coordinamento verticale e governance delle filiere agro-alimentari
a Università di Milano, Dipartimento di Economia e Politica Agraria, Agroalimentare e Ambientale

Introduzione

Nei paesi industrializzati, la tracciabilità (1) sta assumendo un ruolo rilevante nell’ambito delle misure rivolte a garantire la sicurezza e a tutelare la qualità dei prodotti alimentari. L’adozione dei sistemi di tracciabilità può essere basata, a seconda dei paesi, su una specifica regolamentazione pubblica o su standard privati. Negli Stati Uniti, ad esempio, la tracciabilità fa riferimento prevalentemente a standard privati, per cui la sua introduzione nelle filiere agro-alimentari dipende dagli incentivi derivanti dal mercato (Souza-Monteiro e Caswell, 2004).
Nell’Unione europea, al contrario, la tracciabilità nasce, a seguito della crisi BSE, come specifico sistema obbligatorio nella filiera delle carni bovine al fine di garantire la sicurezza degli alimenti. Come noto, la tracciabilità obbligatoria è stata, successivamente, estesa all’insieme dei prodotti agro-alimentari, attraverso il regolamento (CE) n. 178/2002, anche se con una modalità piuttosto blanda.
Accanto, però, alle procedure previste da tale regolamento, nell’UE esistono sistemi di tracciabilità volontaria ben più complessi, che fanno riferimento a standard privati e che nascono dall’esigenza di poter ricostruire con precisione il percorso di un determinato prodotto agro-alimentare lungo la filiera. Tali sistemi possono essere adottati con la finalità di ottenere vantaggi relativi sia alla sicurezza alimentare che alla differenziazione del prodotto in termini di qualità.
In questo senso, all’interno del mercato comunitario è possibile distinguere due livelli di tracciabilità: un livello cogente ed uno volontario, con procedure e regole molto diverse tra loro.

Caratteristiche ed obiettivi della tracciabilità volontaria

Nel sistema di tracciabilità obbligatoria, stabilito dal regolamento (CE) n. 178/2002, la gestione delle informazioni prevede limitate procedure rivolte principalmente a identificare i fornitori e i clienti delle imprese che operano nelle diverse fasi della filiera, in base al criterio “one step backward and one step forward” (Charlier e Valceschini, 2006), delineando così l’insieme degli agenti economici che compongono le diverse fasi della filiera stessa. L’obiettivo di questo sistema consiste nel migliorare la sicurezza alimentare, aumentando le informazioni a disposizione delle autorità competenti e favorendo una maggiore responsabilizzazione degli operatori della filiera; tuttavia, esso non permette di ricostruire la storia di un prodotto lungo la filiera, in quanto le informazioni non sono collegate ai singoli prodotti.
Per disporre, quindi, di un maggiore livello di informazioni sul percorso seguito dai prodotti lungo la filiera, dalla fase agricola a quella distributiva fino al consumatore finale, le imprese possono fare riferimento alla tracciabilità volontaria, in cui la gestione delle informazioni appare più articolata e complessa. Nei sistemi volontari, infatti, le informazioni non riguardano solo gli agenti economici che partecipano alla filiera, ma sono associate al prodotto, permettendo di ricostruirne la storia. Per fare ciò è necessario mettere in atto nella filiera una gestione logistica dei flussi di materie prime e di prodotti per lotti discontinui e prevedere procedure di assegnazione di una serie di informazioni ad ogni singolo lotto (Peri et al., 2004). Questo sistema, definito tracciabilità di filiera e di prodotto, comprende quindi una gestione separata dei lotti e delle informazioni ad essi associate sia nelle transazioni fra gli agenti della filiera (tracciabilità inter-aziendale), che nei processi all’interno delle imprese (tracciabilità intra-aziendale) (Dongo, 2005). Uno standard di riferimento per questo tipo di tracciabilità è rappresentato dall’ISO 22005:2007 che sostituisce a livello nazionale le norme UNI 10939:2001 e 11020:2002.
Riguardo alle motivazioni per l’applicazione della tracciabilità volontaria, un primo obiettivo concerne il miglioramento della sicurezza alimentare e la riduzione dei costi delle non conformità (Golan et al., 2004). Nel caso vi sia un problema igienico-sanitario, infatti, il sistema permette l’identificazione dei lotti non conformi, l’individuazione della fase nella filiera in cui si è verificato il problema e l’attribuzione delle specifiche responsabilità. Inoltre, il ritiro del prodotto dal mercato si limita ai lotti non conformi, riducendo i relativi costi.
Un secondo obiettivo riguarda la garanzia della qualità dei prodotti. Infatti, insieme alle operazioni e alle procedure adottate per mettere in atto il sistema di tracciabilità (gestione dei lotti e delle relative informazioni), nelle filiere vengono generalmente introdotti anche dei disciplinari di produzione per i diversi soggetti economici coinvolti nel sistema, al fine di raggiungere e mantenere determinati livelli qualitativi dei prodotti, stabilendo nel contempo specifici controlli. Quindi, nel caso in cui in un lotto si riscontri un mancato rispetto dei requisiti qualitativi stabiliti, dovrebbe essere possibile risalire alla fase della filiera in cui si è verificato il problema e attribuire le specifiche responsabilità. Inoltre, specialmente in alcuni paesi come gli Stati Uniti ed il Canada, i sistemi di tracciabilità volontaria costituiscono delle modalità di differenziazione qualitativa dei prodotti agro-alimentari nei confronti del consumatore finale (Hobbs et al., 2005; Loureiro e Umberger, 2007).
Pertanto, a fronte dei costi per l’implementazione del sistema di tracciabilità volontaria, i benefici ottenibili sono riferibili sia all’aumento della sicurezza alimentare che alla garanzia della qualità, contemplando vantaggi come la differenziazione del prodotto, il miglioramento dell’immagine del marchio, la realizzazione di una maggiore efficienza nella gestione dei flussi di prodotto lungo la filiera e così via (Golan et al., 2004; De Stefano, 2007). Inoltre, per le imprese operanti nella produzione e nella trasformazione la tracciabilità volontaria può rappresentare un adattamento alle esigenze della GDO.

Gli effetti sul coordinamento verticale di filiera

La tracciabilità volontaria determina significativi cambiamenti nell’organizzazione verticale di filiera e, di conseguenza, modifica i meccanismi di coordinamento verticale fra gli agenti economici, a causa di molteplici fattori (Banterle e Stranieri, 2008; Banterle et al., 2006). In primo luogo, per mettere in atto la tracciabilità volontaria in una filiera è necessaria una centralizzazione della gestione del sistema (Charlier e Valceschini, 2006; Peri et al., 2004). Ciò implica che un’impresa assuma il ruolo di leader di filiera per favorire l’implementazione del sistema di tracciabilità, svolgendo le attività di coordinamento delle diverse imprese coinvolte nel sistema stesso, che operano in fasi successive della filiera. Le funzioni esercitate dall’impresa leader comprendono: la scelta dello standard di tracciabilità di riferimento e della relativa certificazione; la responsabilità della corretta conduzione del sistema, anche nei confronti dell’ente di certificazione; la gestione del flusso di informazioni relativo ai lotti di prodotti; la redazione dei disciplinari di produzione; la selezione delle imprese che partecipano al sistema; l’istituzione dei controlli per i soggetti coinvolti nel sistema.
Tale impresa, quindi, diventa il centro strategico della filiera, anche se è necessario un rapporto collaborativo con gli altri partner per rendere operativo ed efficace il sistema. In questo senso, la tracciabilità volontaria porta ad una organizzazione centralizzata delle attività di filiera, con i vantaggi e gli svantaggi di questa modalità organizzativa (Ménard e Valcheschini, 2005). Il ruolo di impresa leader può essere svolto da soggetti come imprese alimentari industriali, cooperative che operano nella commercializzazione e nella trasformazione di prodotti agricoli e imprese della GDO che commercializzano prodotti a private label o prodotti di filiera controllata. Riguardo a queste ultime, è da sottolineare il ruolo cruciale che stanno assumendo le grandi catene della GDO nel coordinamento delle filiere agro-alimentari attraverso l’applicazione di standard privati (De Stefano, 2007; Columba, 2007).
In secondo luogo, ciascun partner che partecipa al sistema di tracciabilità deve introdurre dei cambiamenti nei processi produttivi necessari per rendere possibile l’associazione delle informazioni ai lotti di prodotti o di materie prime. Inoltre, deve adottare le procedure di gestione delle informazioni stabilite dal sistema, effettuando gli investimenti e sostenendo i costi gestionali necessari. Ciò determina un rafforzamento delle relazioni verticali di scambio (bilateral dependency) fra gli agenti economici che partecipano al sistema e, in particolare, nei rapporti con l’impresa leader.
In terzo luogo, le relazioni commerciali fra le imprese che partecipano al sistema di tracciabilità vengono regolamentate da accordi di filiera formalizzati, che prevedono specifici disciplinari produttivi, delineano le procedure per la gestione delle informazioni, individuano le modalità degli scambi di prodotti e di materie prime fra imprese, attribuiscono la responsabilità in caso di non conformità e stabiliscono i controlli. Ciò consente, come detto in precedenza, non solo di aumentare la sicurezza alimentare, ma anche di raggiungere determinati livelli qualitativi dei prodotti, previsti in fase di progettazione del sistema.

Costi di transazione e forme di governance

I cambiamenti introdotti dalla tracciabilità volontaria nel coordinamento verticale di filiera possono essere analizzati alla luce dell’approccio teorico neoistituzionale, facendo riferimento in particolare all’economia dei costi di transazione. La tracciabilità, infatti, può essere vista come un’istituzione, cioè come un insieme di procedure e di regole (North, 1991), che può cambiare l’organizzazione delle transazioni nelle filiere e le relative modalità di governance.
In questo senso, facendo riferimento all’approccio teorico di Williamson (1985), l’introduzione della tracciabilità volontaria nelle filiere determina una riorganizzazione delle transazioni, portando ad una crescita dell’asset specificity delle transazioni stesse, collegata ad un aumento della bilateral dependency fra gli agenti della filiera, e nello stesso tempo favorendo una diminuzione del grado di incertezza dovuta alla maggiore trasparenza nelle transazioni.
Questi cambiamenti, che incidono sui costi di transazione, facilitano l’adozione di forme ibride di governo delle transazioni (Ménard e Valcheschini, 2005). Infatti, l’aspetto più interessante di questa chiave di lettura riguarda proprio l’analisi di come si modificano le forme di governance delle transazioni nelle filiere a seguito dell’introduzione della tracciabilità.
A questo proposito, una recente indagine condotta in alcune filiere agro-alimentari italiane, utilizzando un campione di imprese industriali e cooperative certificate in base alla norma UNI 10939:2001 (Banterle e Stranieri, 2008; Banterle et al., 2006), ha individuato le modificazioni di governance collegate alla messa in atto della tracciabilità volontaria. Tali modificazioni dipendono, da un lato, dai cambiamenti riguardanti l’organizzazione delle transazioni e, dall’altro, dalle forme di governance esistenti in precedenza, determinando in generale una crescita delle cosiddette forme ibride. In particolare, semplificando molto, si delineano tre situazioni:

  • nelle filiere dove erano diffusi gli accordi verbali si rileva un passaggio a contratti scritti formalizzati;
  • nelle filiere in cui venivano già usati i contratti scritti si registra un rafforzamento dei contratti stessi prevedendo incentivi di prezzo;
  • nelle imprese integrate verticalmente, includendo le cooperative, non si notano modifiche sostanziali di governance, ma vi possono essere cambiamenti nei processi dovuti all’adozione di specifici disciplinari.

Considerazioni di sintesi

Come si è visto, nell’ambito dell’UE è possibile individuare due livelli di tracciabilità, in quanto al sistema cogente stabilito dal regolamento (CE) n. 178/2002 si aggiungono i sistemi volontari che fanno riferimento a standard privati e prevedono un’ampia e articolata gestione delle informazioni sui flussi di prodotto lungo la filiera, al fine di poter ricostruire il percorso seguito dai prodotti nelle diverse fasi delle filiere agro-alimentari.
Un aspetto rilevante dei sistemi volontari riguarda i cambiamenti che essi comportano nell’organizzazione verticale delle filiere. Infatti, l’introduzione della tracciabilità volontaria determina una complessiva riorganizzazione della filiera e una riconfigurazione delle relazioni commerciali fra gli agenti economici che prendono parte al sistema, portando a nuove modalità di governance delle transazioni basate sulle forme ibride. A ciò consegue un aumento del grado di coordinamento verticale fra le imprese delle filiere, che in questo modo appaiono più efficienti dal punto di vista organizzativo.
L’adozione dei sistemi volontari di tracciabilità dipende dai costi per la messa in atto del sistema e dai benefici che si possono ottenere. Questi ultimi non riguardano solo il miglioramento della sicurezza alimentare, ma comprendono anche la riduzione dei costi delle non conformità, la garanzia della qualità del prodotto, il rafforzamento della reputazione del marchio, la maggiore efficienza negli scambi e così via. In ogni caso, la tracciabilità volontaria appare uno strumento con importanti valenze in termini di coordinamento dei rapporti interni alla filiera, quindi nelle relazioni business to business, al di là di come essa venga percepita dal consumatore.

Note

(1) Sebbene i termini tracciabilità e rintracciabilità presentino delle differenze, in questo articolo per brevità non vengono esaminate tali differenze e viene usato il termine tracciabilità in modo generico.

Riferimenti bibliografici

  • Banterle A., Stranieri S. (2008), “The consequences of voluntary traceability system for supply chain relationships. An application of transaction cost economics”, Food Policy, vol. 33, n. 6, pp. 560-569
  • Banterle A., Stranieri S., Baldi L. (2006), “Traceability and vertical co-ordination in the Italian dairy chain: A transaction cost approach”, Journal on Chain and Network Science, vol. 6, n. 1, pp. 69-78
  • Charlier C., Valceschini E. (2006), “Traceability, trust and coordination in a food chain” in Fritz M., Rickert U., Schiefer G. (Eds), Trust and Risk in Business Networks, ILB, Bonn
  • Columba P. (2007), “Le filiere agroalimentari in rapporto alle esigenze di sicurezza”, XLIV Convegno SIDEA “Produzioni agroalimentari tra rintracciabilità e sicurezza: analisi economiche e politiche di intervento”, Taormina, 8-10 novembre 2007
  • De Stefano F. (2007), “Problematiche economico-sociali dei paesi avanzati: intervento pubblico sulla sicurezza alimentare”, XLIV Convegno SIDEA “Produzioni agroalimentari tra rintracciabilità e sicurezza: analisi economiche e politiche di intervento”, Taormina, 8-10 novembre 2007
  • Dongo D. (2005), Sicurezza alimentare e rintracciabilità, manuale operativo, Il sole 24 ORE, Milano
  • Golan E., Krissoff B., Kuchler F., Calvin L., Nelson K., Price G. (2004), Traceability in the US food supply: Economic theory and industry studies, Agricultural Economic Report 830, ERS, USDA, Washington, DC
  • Hobbs J. E., Von Bailey D., Dickinson D.L., Haghiri M. (2005), “Traceability in the Canadian red meat sector: Do consumers care?”, Canadian Journal of Agricultural Economics, vol. 53, n. 1, pp 47-65
  • Loureiro M.L., Umberger W.J. (2007), “A choice experiment model for beef: What US consumer responses tell us about relative preferences for food safety, country-of-origin labeling and traceability”, Food Policy, vol. 32, n. 4, pp. 496-514
  • Ménard C., Valceschini E. (2005), “New institutions for governing the agri-food industry”, European Review of Agricultural Economics, vol. 32, n. 3, pp. 421-440
  • North D.C. (1991), “Institutions”, The Journal of Economic Perspectives, vol. 5, n. 1, pp. 97-112
  • Peri C., Pellegrini L., Gay G., Fabbri N. (2004), Importanza della tracciabilità, in una logica di forte identità delle produzioni agro-alimentari della Lombardia, e conseguenti strategie di marketing da adottare relativamente alle principali filiere produttive lombarde, IRER, Milano
  • Souza-Monteiro D.M., Caswell J.A. (2004), The economics of implementing traceability in beef supply chains: Trends in major producing and trading countries, Working Paper n. 2004-6, Department of Resource Economics, University of Massachusetts, Amherst
  • Williamson O.E. (1985), The economic institutions of capitalism. Firms, markets, relational contracting, The Free Press, New York
Tematiche: 
Rubrica: